2-4 GIUGNO 2023 – MUSEO DELL’ARCHIVIO CINEMATOGRAFICO JUGOSLAVO; BELGRADO.
La conferenza “film e psicologia analitica” mira a creare uno spazio mentale in cui i film e la psicologia analitica si incontrano. Le prospettive della psicologia del profondo, all’interno delle quali si svolge il processo analitico, si manifestano spontaneamente e naturalmente sullo schermo del film, incorporate nella narrazione, nelle immagini, nel movimento, nella musica e nei suoni. La sala del cinema, così come lo studio di consultazione, diventa il luogo di profonda trasformazione e creazione di un nuovo significato. La conferenza ha lo scopo di esplorare il linguaggio artistico dei film, cercando la correlazione con il linguaggio della psicologia analitica. Il film ci parla, attraverso la realtà virtuale, della realtà esteriore e interiore dell’anima. Ci porta, attraverso le emozioni e i ricchi significati simbolici, alla trasformazione. L’obiettivo della conferenza è quello di essere un luogo di incontro per la psicologia analitica e il cinema, ritraendo l’ampiezza, la profondità e il simbolismo del film come una forma di espressione dell’anima, concetti relativi alla psicologia analitica. Poiché il film è spesso usato come amplificazione nel lavoro clinico con i clienti, sarà prestata particolare attenzione alle potenzialità del film per arricchire il mondo interiore e il funzionamento dei clienti che incontriamo nella pratica clinica. Insieme, esploreremo quel movimento magico dell’immagine che emerge dal mondo interiore dell’artista, che esprime la psiche collettiva e viene proiettato sulla tela del film, risuonando con le immagini interiori del pubblico. Un film, attraverso le sue immagini in movimento, diventa un modo profondo di commuovere l’anima.
Il dott. Valerio Colangeli parteciperà alla conferenza proponendo gruppo di discussione su film e adolescenza: “Giocare con i film nell’adolescenza: il cinema come ponte verso l’Altro”.
Come spiega il dott. Colangeli: “Il cinema e le immagini cinematografiche, come tutte le produzioni artistiche umane, rappresentano un ponte tra l’inconscio personale e quello collettivo. Fin dai tempi del teatro greco antico, infatti, le vicende rappresentate sul palcoscenico si ispiravano a storie, miti e leggende ben note alla collettività della Polis. Proprio per questo, ogni spettacolo permetteva al singolo spettatore di rivedersi in quei personaggi, nelle loro emozioni e ambivalenze, in quei conflitti così umani: storie autenticamente reali seppur all’interno della finzione scenica, collocandosi a metà strada tra l’individuo e il mondo.
Ad oggi, il cinema e le serie tv, continuano a svolgere la stessa funzione, nonostante, molte volte, tendiamo a dimenticarlo. Nel lavoro con gli adolescenti con problematiche psichiatriche, ad esempio, ci si sofferma soprattutto sugli aspetti potenzialmente dissociativi delle immagini cinematografiche: possono, infatti, configurarsi quali realtà alternative dentro le quali rifugiarsi, favorendo il ritiro psicotico. Per questo motivo, i cosiddetti “cineforum” vengono spesso visti come attività passivizzanti e la visione dei film, nel migliore dei casi, come un modo per intrattenere un paio d’ore quei pazienti “difficili”, che non si lascerebbero coinvolgere facilmente in laboratori riabilitativi maggiormente “attivanti”. Questo perché, nonostante il nome, viene spesso a mancare il momento forum successivo alla proiezione del film, ovvero la discussione, il dibattito, il confronto e lo scambio di idee. In questo modo, però, negando la natura numinosa delle immagini, si rischia, al contrario, di lasciare il paziente solo con i propri vissuti, con quelle emozioni, a volte molto potenti, suscitate dalla visione di quella pellicola.
Nel laboratorio di cineforum che, dal 2020, a cadenza settimanale, conduco con i giovani utenti (15-25 anni) di un Centro Diurno psichiatrico territoriale, ho cercato di riconnettermi proprio con quelle premesse ben note agli antichi greci: condividere la visione di una rappresentazione che possa creare un ponte verso l’Altro, favorendo, così, l’uscita dal ritiro psicotico. In questo modo il film diventa un terzo che, all’interno di una situazione gruppale, permette di riflettere, nel momento seguente di dibattito, intorno a tematiche altrimenti inesprimibili. Immaginandoci, quindi, al posto dei personaggi rappresentati, stimolando giochi immaginali di gruppo, si facilita l’accesso ad un livello simbolico più profondo, amplificando fino a creare, ogni volta, qualcosa di completamente nuovo, al limite tra l’individuale e il collettivo.
Nella mia presentazione e nel successivo momento di discussione, sarà possibile, partendo dalla visione di alcune scene del film Vita di Pi (USA, 2012), fare esperienza diretta di come le immagini cinematografiche possano nutrire e animare il dialogo con il proprio mondo interno e con gli altri, in uno scambio, reciproco e creativo, tra la settima arte e la psicologia analitica.”